La salute come scienza
(di Valeria Totta)
La salute e il benessere risuonano ormai continuamente negli spot pubblicitari, nei talk show televisivi, nei discorsi della gente e nelle campagne sponsorizzate dai politici di turno.
L’attenzione dell’uomo comune si rivolge spesso all’importanza di adottare stili di vita sani (andare in palestra, mangiare bene, smettere di fumare, ecc.). Questo dimostra che il cambiamento, che si è determinato nelle emergenze sanitarie degli ultimi decenni, ha avuto una forte ricaduta nella cultura espressa dalla società.
Le istituzioni politiche italiane hanno mostrato un particolare interesse verso una salute intesa in termini biopsicosociali (Engel, 1977) ad esempio tramite l’istituzione delle Case della Salute. Queste sono parte integrante di un programma che:
sappia considerare la produzione del benessere e della salute come il principale baricentro delle nostre politiche (Livia Turco ex Ministro della Salute su “Un New deal della salute” 27 giugno 2006)
Nonostante le evidenze di un mutamento culturale in atto, sul versante delle prassi siamo ancora lontani da un reale cambio di scena. Il modello biomedico continua ad essere l’inquadramento dominante nel mondo occidentale (Engel, 1977).
Basta pensare che Case della Salute funzionano spesso come dei poliambulatori medici e non prevedono affatto la figura dello psicologo. Quello che sembra mancare in questo quadro sociale e politico, è la consapevolezza dell’esistenza di una scienza della salute, nata da poco e in via di sviluppo repentino, e della necessità che questa rimpiazzi i vecchi modelli mirati a identificare solamente malattie fisiche e psichiche.
Nel 1948 l’OMS definiva la salute come
uno stato di benessere biologico, psicologico e sociale (Bertini, 2012)
È evidente come già in quegli anni lo stato dell’arte della scienza virasse decisamente l’attenzione dal malessere al benessere.
La nascita della Psicologia della Salute (intorno agli anni 70) ha dato un contributo importante al concetto di salute inteso come assenza di malattia, ponendo attenzione su (Solano, 2001):
stili di vita
co-costruzione di medico e paziente del ruolo di malato
ripercussioni sulla salute legate a fattori psicologici non solo in relazione al sistema nervoso ma anche a quello immunitario
Oggi, Bertini (2012) definisce la salute come un processo integrativo di benessere e malessere. È un processo perché sempre iscritta nel ciclo di vita della persona (prospettiva sistemica). È integrativo perché accoglie al suo interno aspetti di malessere e benessere che caratterizzano ogni persona in maniera unica e irripetibile. Ne consegue che chiunque è portatore di salute, e che l’intervento psicologico nella nuova prospettiva debba essere rivolto a enfatizzare le risorse per un’integrazione della complessità che punti al benessere.
Dalle malattie alle “salutie”: verso una tassonomia dimensionale del benessere
Uno dei tentativi più incisivi di alimentare l’apporto scientifico del nuovo modello nella pratica clinica, è la costruzione di una vera e propria tassonomia delle risorse e delle virtù del carattere e delle “salutie”.
Seligman e Peterson (2004) hanno dato il via a un filone di ricerche volte a scoprire le risorse di cui le persone sono portatrici. Gli autori definiscono le characters strengths (virtù del carattere) come delle “disposizione ad agire, desiderare e provare sentimenti che comportano l’esercizio del giudizio e guidano verso l’eccellenza riconoscibile e l’appello alla prosperità umana”. Le virtù del carattere non sono riconducibili a meccanismi involontari e isolati. Si configurano all’interno di una scelta della persona alla luce di un piano di vita consapevole, sono trans-culturali e mirano alla realizzazione dell’individuo, hanno valore in sé e non in relazione agli effetti positivi che producono. Da un punto di vista statistico, esse si mostrano stabili negli individui, misurabili e distintive.
Nella pratica clinica, la possibilità di fare riferimento a una tassonomia di risorse oltre che di disturbi (integrazione salutie-malattie) potrebbe comportare uno stravolgimento dell’intervento sulla persona sofferente. Di fatto, renderebbe possibile, sin dalla fase diagnostica, la percezione di una o più strade percorribili che partono proprio dalla persona che chiede aiuto, favorendo in lei l’assunzione di un ruolo attivo nello sviluppo dei propri aspetti positivi e incrementando l’affetto dell’individuo per se stesso e per le proprie risorse.
Il concetto di norma rimanda direttamente alle formulazioni di Canguilhem (1996) sulla normatività, intesa come capacità soggettiva di creare delle nuove regole per affrontare le fluttuazioni dell’ambiente e di risolvere in modo soddisfacente il conflitto tra le esigenze del vivente e l’esistenza in divenire.
La salute è concettualizzata come uno stato di equilibrio tra fattori di malessere e fattori di benessere, sempre compresenti, tra cui l’individuo può oscillare nel corso della vita. La salutogenesi riguarda quindi tutti perché in qualunque condizione le persone possono essere aiutate a muoversi verso uno stato migliore di salute.
La metafora che Antonovsky (1996) suggerisce per illustrare la sua idea di salute è estremamente chiarificante, nel vecchio modello la malattia è
un fiume nelle cui acque annaspano i malati, fuori dalle acque si trovano i sani e sulle sponde del fiume le persone a rischio di malattia (o di devianza).
La metafora relativa al paradigma salutogenico di Antonovsky invece vede
tutti nel fiume della vita, con la loro difficoltà ad affrontare le acque ma comunque in condizione di imparare a nuotare, gestendo l’equilibrio possibile tra i propri aspetti di malattia e di salute.
Al fiume della vita si aggiunge un’altra metafora proposta da Bertini (2012), che in maniera estremamente suggestiva rammenta l’importanza che va necessariamente attribuita al vissuto soggettivo della persona cui si rivolge l’intervento salutogenico: a sostituzione del deviante, che viene identificato rispetto a una norma costituita a priori, il viandante che, sulla base dei propri vissuti soggettivi, disegna un percorso di salute possibile con i suoi stessi passi.
Riferimenti
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